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Archive for the ‘app’ Category

Dopo Social Media Hell, R/GA ne ha fatta un’altra cattivella: un’app GPS per imbucarsi alle feste di matrimonio. L’app ti dice che feste di matrimonio ci sono nelle vicinanze, i nomi degli sposi, persino il dress code. A te non resta che imbucarti, e far finta di conoscerli, in puro stile Amici Miei, ma in ottica social: per cui puoi sfidare altri amici a chi si imbuca meglio, postando anche le foto a dimostrazione delle tue imprese. Oltre che di torta nuziale sa anche di fake, d’accordo. Anche se fosse in effetti un puro divertissement dei creativi di R/GA, ce ne fossero di fake così belli, realizzati oltretutto così bene. Alziamo i calici scroccati, e guardiamoci il video.

Se volete prenotare l’app, lo potete fare qui.

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Nel mondo degli auguri “creativi” di S. Valentino, ecco la solita R/GA che si distingue per un’idea semplice semplice. Eppur mi piace!

Fino a ieri la trovavate qui.

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Leggo su Mashable di “If I die”, un’app che ti permette di lasciare un messaggio su facebook anche dopo la tua morte. In pratica, un testamento social.

Può sembrare una gag in stile Monty Python o Eddie Izzard, ma in effetti costituisce l’occasione per riflettere su quanto il nostro io digitale, e quindi anche social, sia veramente vivo, sia veramente “noi”.

In ogni caso, le mie ultime parole saranno consegnate a questo tipo, per scriverle sull’intera superficie terrestre, visibili da chiunque passi in prossimità del pianeta terra. Facebook non è grande abbastanza per il mio ego, dai.

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Sia come runner sia come geek, adoro questa idea.

Zombies, Run! è un gioco per iPhone/Android che utilizza la realtà aumentata in maniera assolutamente creativa: ti immerge via audio in un’apocalissi di zombie, e tu devi correre e raccogliere oggetti che serviranno per salvare il mondo.

Un esperimento del genere mostra con grande chiarezza tutte le potenzialità (ancora inespresse, e quindi fertili come territorio creativo e strategico) della realtà aumentata applicata agli advergame.

Grazie a @ibridazioni e a @babele_dunnit per la segnalazione.

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A chi pensa che la tecnologia sia feticismo del futuro, rispondo che invece affonda le sue radici lontano.

Guardiamo al concetto wagneriano di Gesamtkunstwerk: si trattava di una rivoluzionaria sintesi delle arti poetiche, visuali, musicali e drammatiche; collocata in uno spazio sia estetico (le sue opere) sia fisico (il teatro da lui progettato, la Festspielhaus di Bayreuth).

In sintesi, una visione multimediale della musica, prima ancora che il termine “multimediale” facesse il suo ingresso nel dizionario. Una visione che spingeva la tecnologia artistica del tempo ai suoi limiti estremi, al punto che Wagner dovette inventarsi una interfaccia apposita: il teatro di Bayreuth, appunto.

C’è stato anche chi si è spinto oltre. Poco dopo Wagner, infatti, Aleksandr Skrjabin concepì il suo Prometeo o Poema del Fuoco, una grandiosa sinestesia artistica, per ottenere la quale progettò addirittura uno strumento che associava ad ogni nota un fascio di luce colorata che avrebbe dovuto inondare la sala. Un progetto, questo, talmente in anticipo sui tempi, che non fu possibile realizzarlo. E l’opera restò solo “musicale”. Insomma, ci sarebbe voluta tutta la tecnologia di Brian Eno.

O di Bjork.

Ho passato il weekend a giocare con il suo Biophilia. Un progetto musicale e multimediale che parte da lontano, come ho appena argomentato. E che arriva a rendere l’utente parte attiva del processo artistico, reinventando la fruizione musicale attraverso un medium ludico, un’app. Multimediale e interattiva. Al punto che, virtualmente, ogni fruizione da parte dell’utente genera un evento sinestesico/multimediale/estetico/musicale singolare, irripetibile.

Mi fermo, prima di vomitare un pistolotto sull’Alea musicale; e arrivo alla conclusione della mia argomentazione: le idee rincorrono le tecnologie rincorrono le idee. Una sintassi involuta per esprimere il circolo virtuoso infinito che connota tutta la nostra storia culturale e artistica. Bjork ha scritto un nuovo capitolo nella storia dell’opera d’arte totale.

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Ancora a parlare di Pringles, questa volta di un progetto internazionale, un’app per iPhone e Android: Pringles Crunch Band.
L’app non è terribilmente innovativa, è semplicemente un…simulatore di strumenti musicali, ci potete far finta di suonare la chitarra elettrica etc.Ed eventualmente postare le vostre prodezze musicali su Facebook (of course).
Abbastanza basica, ma può avere un qualche senso per fare un po’ di casino con gli amici, ognuno con uno smartphone e quindi uno strumento diverso (altamente raccomandabile accompagnare il tutto con copiose quantità di birra, per ridurre le aspettative).
L’idea interessante (dal punto di vista marketing più che da quello dell’utente) è che inizialmente sull’app sono disponibili solo pochi strumenti.
Scansionando con lo smartphone i barcodes sulle confezioni di Pringles si possono però sbloccare altri strumenti. Legando quindi un po’ di più l’app con il prodotto e le vendite.
Non che sia convinto che questo farà vendere molti più tubi di snack, ma ho sempre più forti dubbi su app che fanno un generico “branding” restando molto, troppo staccate da marca e prodotto… (per capirci: quelle che lo sviluppatore potrebbe vendere sostanzialmente uguali ad un’altra marca in un’altra categoria merceologica).
Se mi promettete di mandar giù due o tre birrette prima di guardarlo, vi allego anche il video di presentazione dell’app…e il “rocktutorial” (mah).

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Attività di comunicazione prettamente “made in Italy” (nel senso che Pringles, parte di una grande multinazionale, questa cosa non l’ha importata/adattata ma è stata inventata qui).
E si inizia a vedere qualche azienda, di quelle serie e poco “geek”, che sperimenta seriamente con quelle robe strane come Foursquare.
Nello specifico di Pringles, si tratta di un’attività a supporto di un’azione sul territorio, di “engagement”; un tour che vede lo snack sponsorizzare una serie di aperitivi in una serie di locali in varie città italiane (ed europee, btw).
Su Foursquare, al di là di seguire questo tour, l’operazione è improntata a presentare quelli che sono alcuni tra i posti più alla moda per prendere l’aperitivo in una serie di città. Così, anche se si è foresti si sa dove bere bene e con la gente giusta ;-).
L’indirizzo è questo: https://it.foursquare.com/pringles_ita
Per completezza, vi passo anche la versione ufficiale: L’idea è quella di rendere questa pagina un oggetto vivo e aperto, seguendola e suggerendo un posto da non perdere (una piazza, un locale, un evento) usando su Twitter l’hashtag #pringles4sq e @pringles_ita con l’intento di raccogliere e mettere a disposizione degli utenti i luoghi del divertimento delle principali città italiane. 
Un po’ di link per esplorare l’operazione:

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Mi piacerebbe moltissimo avere in agenzia un digital art director in grado di programmare in HTML5. Uno come Nico Engelhardt e Johannes Ippen: gli autori di Aside, la prima rivista fruibile su iPad, che non è un’app. Nel senso che è scritta tutta in HTML5 e si fruisce direttamente su web, con Safari. Niente appstore, insomma.

Che dire? Un’idea eversiva. Un’anomalia nel sistema apple, ma catalizzata da apple stessa – che crede moltissimo nell’HTML5, che spero arricchisca il mondo dell’interazione e della creatività geek (e non solo).

Bravi!

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Anni fa, ricordo che a Cannes un giovane creativo iscrisse nella categoria stampa il proprio CV. E vinse un leone, perchè dimostrò per primo di aver capito che un festival pubblicitario è in fondo un medium per fare pubblicità a se stessi.

João Dornellas, art director portoghese, ha fatto qualcosa di analogo con l’app store: è il primo art director ad aver capito che l’app store è un nuovo tipo di medium per fare pubblicità a se stessi (non solo agli app developer, evidentemente). Ed ecco quindi che ha fatto un’app iPad gratuita del proprio portfolio. Bravo.

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Color è un’app geosocial di foto. In pratica, chiunque usi l’app e scatti una foto in uno stesso luogo, finisce in un album costituito dall’app stessa che raccoglie appunto tutte le foto scattate in quello stesso luogo.

Complicato, dite? Niente affatto.

Provate a leggere qui sopra quello che ha fatto il Telegraph con Color: si son alleati per creare un enorme album di foto del Royal Wedding inglese. Semplice ed efficace.

Il social geotagging è una delle tecnologie geek più interessanti per i creativi. Perchè applica la logica del gaming all’interno dell’advertising. Da tenere d’occhio!

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