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Archive for the ‘advergames’ Category

Avete mai letto Reality is Broken di di Jane McGonigal?
Guardatevi il suo talk al TED, allora.

La sua tesi è affascinante: la gamification può migliorare il mondo.
Eccoci arrivati al punto: le meccaniche ludiche sono un vero e proprio meccanismo virale.

Il gioco è indubbiamente contagioso, e quindi una marca che fa giocare è contagiosa likewise.
Prendete l’ultimo video di Old Spice:

Oltre alla potenza dell’idea di”muscle music”, il video possiede una meccanica fortemente gamification. Infatti, dopo averlo visto, il tasto play del player Vimeo si trasforma in una tasto record, permettendovi di registrare la vostra muscle music, che potrete suonate semplicemente dalla tastiera del vostro computer, permettendovi di giocare ai musicisti di muscle music. DOIIIIIIITTTT 🙂

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(Cito dai primi super del video qua sopra:) Che le auto elettriche siano ecologiche lo sappiamo tutti. Che siano anche divertenti da usare, non lo sapevamo. Finora.

L’idea? Usare due Smart elettriche come controller per giocare un enorme partita di Pong che è in realtà un evento test drive.

BBDO Germania ha azzeccato un vero colpo di genio geek. Kudos.

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Come recita il claim del gioco, UWAR è un “killer game”, che potrebbe diventare anche una killer app: il primo sparatutto davvero “first person shooter” , perché lo giochi tu in prima persona, in realtà aumentata (indossando magliette con un apposito tag). Colpo di genio o buco nell’acqua? Intanto che ci pensate, guardatevi il video:

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In un web già intasato di lolcat, di cosa sentivamo la mancanza?
Di questo, probabilmente:
Eggià, allo scorso SWSX Purina ha presentato un advergame per iPad in cui gatto e padrone (umano) possono giocare assieme. Purina, in effetti, non è nuova ai giochi iPad per soli gatti. La cosa nuova, in questo caso, è il coinvolgimento uomo-gatto per sfide *imperdibili* LOL(cat)

Il gioco lo scaricate qui.

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Dopo Social Media Hell, R/GA ne ha fatta un’altra cattivella: un’app GPS per imbucarsi alle feste di matrimonio. L’app ti dice che feste di matrimonio ci sono nelle vicinanze, i nomi degli sposi, persino il dress code. A te non resta che imbucarti, e far finta di conoscerli, in puro stile Amici Miei, ma in ottica social: per cui puoi sfidare altri amici a chi si imbuca meglio, postando anche le foto a dimostrazione delle tue imprese. Oltre che di torta nuziale sa anche di fake, d’accordo. Anche se fosse in effetti un puro divertissement dei creativi di R/GA, ce ne fossero di fake così belli, realizzati oltretutto così bene. Alziamo i calici scroccati, e guardiamoci il video.

Se volete prenotare l’app, lo potete fare qui.

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Dopo Jeep Puzzle, ecco un’altra idea a dimostrare quello che si può fare con twitter.

Quando è stato lanciato il sito per il nuovo Batman di Christopher Nolan, su www.thedarkknightrises.com c’era soltanto un’immagine nera con un suono. Guardate un po’ qua sotto che cosa ha rivelato lo spettro sonoro di tale suono.

Esatto, un hashtag. Altro che le leggende urbane di far suonare al contrario i 33 giri dei Black Sabbath: qui è tutto calcolato con precisione da creativo pubblicitario. E infatti, l’hashtag,#thefirerises, quanto twittato, rivelava un pixel dell’immagine altrimenti nera: alla fine, l’immagine si è manifestata come Tom Hardy nelle vesti di Bane. Quella che vedete in testa al post. Ogni pixel era l’iconcina twitter della persona che ha twittato #thefirerises. Una specie di demo di come è andata la vedete qui.

Un’idea stuzzicante su cosa è possibile fare con un semplice hashtag: ancora una volta a dimostrazione di come le idee migliori sono sempre quelle piccole anomalie inaspettate, che ti regalano un istante di piacevole stupore.

Grazie a Valerio per la segnalazione.

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Nel mondo degli auguri “creativi” di S. Valentino, ecco la solita R/GA che si distingue per un’idea semplice semplice. Eppur mi piace!

Fino a ieri la trovavate qui.

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Una volta WYSIWYG significava “quello che vedi è quello che avrai”, ora, con l’idea di DDB Stockholm per Mc Donald’s (che vedete nel video qui sopra) significherà pure “quello che fotografi è quello che avrai”.

In breve, se riesci a scattare la foto a un prodotto, lo avrai gratis. Semplice ed efficace.

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Su cui puoi giocare e fare le corse.
Accumulare punti.
Gamificationare, insomma 😉 sfruttando in 3D i contenuti Social della tua pagina Facebook.

Interessante idea, questa di Social Network Racer (purtroppo a me ci mette un sacco di tempo a caricarsi, quindi è anche una prova di pazienza)… e si vince un viaggio a Tokyo per partecipare all’anteprima dell’ultima Toyota.

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Ammesso e non concesso che le persone vogliano davvero “interagire” con i prodotti (e di questo parlerò in un mio prossimo articolo), allora questo è un buon esempio.
Cadbury, notissima azienda di confectionery e snack ha utilizzato un software di realtà virtuale (Blippar) per trasformare le proprie barrette in giochi per lo smartphone, in un classico esempio di Geek Advertising.
Vista la voglia di giocare (quella sì, incontestabile) delle persone – ben dimostrata in ultimo da prodotti come Angry Birds, tanto per fare un esempio – ha molto senso affrontare la strada dell’advergaming o se volete fare più i fighi, della Gamification.
La domanda è: che impatto ha giocare con una barretta di cioccolato sul business della detta baretta? Un effetto di branding? Di creazione di simpatia e quindi in un qualche modo, di preferenza, esclusività del consumo, di una maggiore frequenza di acquisto….?
Vale la pena di fare questa operazione sperando che qualcuno acquisti qualche barretta che altrimenti non avrebbe comprato, per il puro gusto di provare i vari giochini?
Di certo il mantra che ci ripetiamo da decenni è che più tempo la gente passa con gli occhi e la testa sul nostro prodotto, meglio è per il business.
D’altra parte, visti anche i budget, sicuramente non paragonabili a quelli dell’adv, fare un po’ di sperimentazione, buttare un po’ il cuore oltre l’ostacolo e fare un po’ di stranezze può essere una buona idea, anche dal punto di vista business. Se vogliamo, definiamola “creatività”.
Anche perché le sorprese, per definizione, non si sa mai da dove possono venire.

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